Durante le feste siamo andati al cinema a vedere il film dedicato alla vita di Dickens, che si concentra in modo particolare sul periodo in cui ha scritto uno dei suoi romanzi più celebri, “Il canto di Natale”. Il film si sofferma molto sul suo processo di scrittura e su come nasce una storia. Questo ci ha fatto fermare per un attimo e ci siamo chiesti: e le nostre di storie, come nascono?

Da dove si inizia? Beh, difficile a dirsi davvero. Forse la vera risposta è la casualità, basta davvero una piccola insignificante scintilla. Una frase pronunciata da qualcuno per strada, una musica, un fatto di cronaca, una malattia, un piccolo oggetto oppure un dettaglio particolare che non avevi mai notato prima.

Mystery è nato con Toopsie Woopsie e, ad esempio, l’idea centrale è saltata fuori durante una chiacchierata con una vecchia zia che raccontava di come suo papà, durante la guerra, aveva incominciato a scambiarsi alcune lettere con una donna sconosciuta, una madrina di guerra. E chi ha già giocato a questo mistero, sa quanto questo sia un aspetto cruciale della storia…

Vespe sul treno? È stata la fascinazione per lo spiritismo e le sedute spiritiche a dare il la.

C’è un delitto a bordo è invece una storia scritta almeno dieci anni fa, e tornata a galla all’improvviso e in modo inaspettato. Quindi difficile ricordarsi da dove sia sbucata fuori.

Mentre per Il segreto di Georgina Hendricks i fattori scatenanti sono stati due: il primo è il mondo del teatro, il secondo invece… anzi no, ci odierete ma non possiamo svelarlo.

E poi? Poi c’è il movente ovviamente, che è il cuore di un mistero secondo noi. Quando pulsa il movente e sai che funziona, allora il sangue inizia a scorrere fluido. Il processo creativo è sempre diverso, ognuno ha il suo e non esiste uno giusto e uno sbagliato. Quello che sappiamo è che il nostro è sempre un po’ confuso all’inizio. Come guardare i fondi del caffè per gioco: prima ti sembrano solo un groviglio di puntini e macchie, poi se ti concentri un po’, al fondo della tazza ci trovi una storia. Arrivano i personaggi, uno ad uno. Trovi il nome e trovi il volto: proprio come Dickens.

Ma come è avvenuto questo delitto? Piano piano si ramificano mille dettagli e si cerca di far combaciare tutto. Questo è il momento più delicato perché incominciano ad emergere le prime crepe. Insopportabili. Incongruenze di date, scarsa coerenza nei caratteri dei personaggi, problemi con i moventi… Bisogna correggere il tiro, aggiustare e, soprattutto, la cosa peggiore: sacrificare, tagliare quello che non funziona. Ed è assolutamente terribile. Qui ogni personaggio ti sembra tuo figlio, ogni dettaglio un elemento imprescindibile, ma è indispensabile un bel lavoro di potatura perché ne va del bene della storia. Magari qualcosa si può tenere da parte, chissà che non possa tornare utile per un altro mistero.

E poi ci si abbandona dentro, ci si perde. Questa è la parte più bella, quando si entra nella vita dei personaggi, e lo si fa al massimo perché sai che quello è un treno dal quale a breve dovrai scendere. Ma non c’è spazio per l’amaro in bocca, perché c’è la consapevolezza che quelle storie e quei personaggi verranno abitati da tante altre persone. E questa è una delle più belle soddisfazioni di tutte.